Con l’approvazione definitiva della legge sui sindacati militari, il COCER a dicembre 2022 sarà abolito.

Ad aprile 2022 è stata approvata la legge che istituisce anche per i militari italiani come accade in tutto il resto d’Europa, i sindacati militari.

Quello che avverrà nei prossimi mesi non è cosa da sottovalutare e tutti i colleghi dovrebbero capire che iscriversi ad un sindacato vuol dire soprattutto dare forza alle proprie ragioni senza il vincolo della approvazione dello Stato Maggiore. Il sindacato parla direttamente con la politica e più un sindacato è forte di consensi e più sarà incisivo nelle rivendicazioni che siano contrattuali o normative.

Negli ultimi due anni sono nate molte sigle sindacali ed è sicuramente un bene che ci sia tanto fermento, vuol dire che molti colleghi hanno finalmente capito che le condizioni di lavoro, stipendiali e dei diritti non possono essere esclusivo appannaggio delle gerarchie, ma sono e devono essere frutto di una attenta analisi ad ogni livello di quelle condizioni che possono essere migliorate ma soprattutto che possono essere spiegate in modo autonomo.

Come tutte le logiche democratiche, anche quella sindacale passa “DAI NUMERI” ovvero più iscritti ha una sigla, più potere ha nel far prendere decisioni alla politica.

Ultimamente si assiste ad una impennata delle iscrizioni ma la famosa percentuale del 2% dei primi tre anni di vita del sindacato per essere autorizzato a sedere ai tavoli tecnici, è un traguardo che poche sigle potranno o sapranno raggiungere e si corre il rischio che intere categorie non saranno adeguatamente rappresentate.

Il problema è serio, colpa anche di una legge fatta non proprio in linea con quello che la Costituzione definisce sindacato. L’imposizione di includere per legge percentuali di ogni grado e di ogni categoria, ivi compresa la rappresentanza del genere femminile in pariteticità con quella maschile, crea non poche difficoltà.

La prima perchè le categorie hanno problemi diversi benché appartenenti ad un unica istituzione quale quella delle forze armate e secondo per il fatto che la presenza femminile ancora non ha raggiunto percentuali tali da poter arrivare ad una partecipazione dello stesso genere femminile in pariteticità di quello maschile, senza contare che la partecipazione essendo volontaria e non vincolata, potrebbe avvenire per scelta, ovvero il genere femminile si iscrive ma potrebbe non voler ricoprire cariche. E allora che si fa?

L’altra situazione da non sottovalutare è quella legata all’opportunità di alcune categorie (immagino quella degli ufficiali superiori) di non iscriversi ad un determinato sindacato per oggettive rivendicazioni, che mal si conciliano con lo stato attuale delle cose. Ci riferiamo ad esempio alla equa distribuzione delle risorse economiche.

Quindi il meccanismo è da rivedere e anche qui le iscrizioni fanno la differenza; la vedo dura delegittimare un sindacato che ha il numero più alto di iscritti tra alcune categorie e magari poche o addirittura nulla in altre.

In effetti questo sistema mette in dubbio sia l’autonomia del sindacato, sia la sua natura stessa di rappresentare.

Si prevedono ricorsi e prese di posizione sia in ambito della giustizia italiana, sia in quella europea.

Sarebbe stato più semplice dividere nettamente per categorie ed accettare le percentuali di rappresentanza all’interno delle stesse, piuttosto che raccogliere l’una e l’altra categoria nello stesso sindacato arrivando di fatto ad uno stallo e una falsa rappresentatività delle istanze dei più deboli e più svantaggiati.

Un esempio potrebbero essere i numeri delle categorie stesse; se prendiamo la categoria dei graduati per forza di cosa sono i più numerosi ma un sindacato di soli graduati non avrebbe il consenso di altre categorie e quindi non si iscriverebbero facendo di fatto diventare quel sindacato non in linea con la legge, quindi inutile anche se il più numeroso di tutti.

Ma se volessimo estendere il concetto cambiando le categorie, il risultato finale è lo stesso.

Quindi oggi bisogna puntare sulle persone che costituiscono i vari sindacati, la loro integerrima reputazione, la linea ben chiara, le finalità ben definite.

Certo è che dobbiamo dare un senso alla possibilità che ci siamo costruiti di poterci rappresentare tramite una organizzazione autonoma e libera come quella sindacale, che a differenza della Rappresentanza Militare non deve dare spiegazioni al Capo di Stato Maggiore.

Infatti il segretario generale del sindacato non è il più alto in grado ma chi si dimostra di essere capace di sostenere una battaglia per il riconoscimento del diritto ad avere pari dignità di tutti.

Il SILME nasce per sostenere quelli più svantaggiati, la nostra MISSION è questa ed è ben chiara, limpida, nitida.

La soluzione migliore sarebbe quella di prevedere sindacati per i dirigenti e sindacati per il resto del personale e con due contratti diversi e distinti. E questo è un nostro obiettivo.

Per ora ci hanno voluto dare una fionda, ma Davide con una fionda abbatté il gigante Golia, la differenza sta nel saperla usare.

Noi come SILME ci siamo presi l’impegno di rappresentare i colleghi che a prescindere dal grado, hanno capacità, volontà e professionalità a cui bisogna dare risposte in termini qualitativi e non di divisione di gradi e categorie.

La parametrazione va rivista, la divisione delle indennità va rivista, la distribuzione delle risorse va rivista, LA GESTIONE ECONOMICA DEL PERSONALE VA RIVISTA.

Il Comandante padre padrone, tuttofare, omnisciente, incontestabile, autoritario, deve lasciare il posto ad un nuovo modello di forze armate. Un conto è l’impiego, un conto è il riconoscimento economico, professionale e della dignità, la soggettività del comandante dovrà essere più oggettiva, comandare con la paura delle note caratteristiche o del trasferimento è roba da medioevo.

Oggi abbiamo bisogno di capacità, di conoscenza, di obiettività e soprattutto di una classe dirigente idonea a saper gestire il personale con imparzialità.

Il Segretario Generale del SILME

Giuseppe Pesciaioli

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