Serve una legge seria ed adeguata. Chiudere la rappresentanza militare è atto irrimandabile.

Il silenzio assordante del Capo di SMD e della politica sulla sentenza della Suprema Corte e recentemente della CEDU, che riconosce il diritto di Associazione Sindacale per i militari, va annoverato nella prassi consolidata di una cultura del silenzio sulle responsabilità di chi è al vertice dell’Istituzione militare.

Da sempre l’alta gerarchia militare ha trattato la questione del personale militare con un paternalismo gerarchico, che mal si concilia con la vera tutela degli appartenenti alle forze armate, considerando ogni questione scindendola chirurgicamente e quindi isolandola, da ogni possibile contaminazione delle regole, che sono a fondamento di un normale rapporto di lavoro improntato sulle responsabilità  della dirigenza rispetto ai subordinati, ovvero le relazioni sindacali.

Malgrado negli anni dal 1948 ad oggi la Corte Costituzionale si sia espressa a favore del rispetto dello status di militare, che non poteva distinguersi dai fondamenti del diritto soggettivo degli appartenenti alle forze armate rispetto ad ogni altro cittadino, nell’ambito dell’istituzione militare si è continuato a vivere in una specie di limbo giuridico, ove vigeva e ancora vige, una discrezionalità completamente avulsa dal resto della società civile se non in quegli aspetti di natura prescrittiva di leggi e regolamenti, vincolanti e non certo interpretabili.

https://www.leggioggi.it/2013/10/03/rappresentanza-militare-o-sindacato-giallo/

Questo serve a capire come l’assenza della politica nell’interessarsi alle problematiche interne del mondo militare, abbia generato nei vertici del dicastero della Difesa la falsa convinzione, più che condivisa diremmo palesemente accettata, che per far funzionare l’intero apparato militare, fosse necessario delegare senza tanti vincoli i comandanti ad un uso dello strumento, in una sorta di zona “border line” , tra il lecito e l’illecito.

Ad avvalorare tali atteggiamenti e rendere la questione più credibile agli occhi dell’opinione pubblica, negli ultimi 20 anni i vertici di forza armata hanno capito, che l’uso della Rappresentanza Militare ed in particolare i COCER, potevano e dovevano essere gestiti allo stesso modo di un normale reparto e non come mezzo utile alla compensazione di eventuali usi e abusi dell’intera struttura.

Con l’avvento dei generali alla guida dei COCER e con escamotage degne di una vera e propria organizzazione strategica militare, le varie riforme e le varie articolazioni della rappresentanza militare, sono state strutturate per rispondere all’esigenza del controllo della stessa e non alla sua effettiva essenza di tutelare il personale militare, o peggio ancora, ad una legittimazione di un modo di “comandare” non proprio conciliante con una pubblica amministrazione che dovrebbe, in primis, garantire la massima trasparenza ed oggettività di gestione.

L’assenza dei COCER rispetto a tutte le situazioni, che hanno coinvolto i militari italiani nelle ormai note vicende dell’uso di armi all’uranio impoverito (per citarne una su tutte), ha visto il suo epilogo con l’approvazione del documento finale della commissione d’inchiesta sui fatti legati alle morti dei militari impiegati in teatri operativi dove vennero usate tali armi.

Il COCER, per espressa denuncia di uno dei relatori della relazione della Commissione Uranio, l’On. Scanu, non si è mai degnato di contribuire a far luce sulla vicenda, naturalmente non sul piano scientifico, ma almeno su quello della tutela della salute.

Un silenzio assenso a beneficio di chi ha disposto l’utilizzo dei militari italiani senza le adeguate misure di protezione, quasi a cercare una simbiosi comportamentale in perfetta linea con tutta la scala gerarchica e la politica a capo del dicastero difesa. Commissione Uranio: “Soldati senza difese per la salute. E territori devastati” , Uranio, Commissione d’inchiesta: ‘Criticità sconvolgenti hanno portato a morti e malattie. Negazionismo vertici militari’ .

Per evitare lo scandalo facciamo finta che il problema non esiste, non è esistito e non esisterà mai.

Una Rappresentanza Militare quella dei COCER, vissuta dagli stessi appartenenti, salvo rare eccezioni, come una sorta di zona franca dove il beneficio era riservato a questa specie di élite coccolata dai vertici e corteggiata dalla politica dal quale traevano benefiche proroghe a suon di 110 euro al giorno in più rispetto allo stipendio, per non risolvere assolutamente nulla, ovvero tanto più state zitti, tante più proroghe riceverete, il tutto anche a discapito di quei Delegati che ce la mettono tutta.

Difatti l’unico mandato che non ricevette proroghe fu quello tra il 1999 e il 2001, quando scoppiò il caso uranio impoverito e alcuni esponenti del COCER Esercito cominciarono a chiedere a suon di comunicati stampa, la verità su quello che più che un sospetto, stava diventando una cruda realtà, i primi ammalati da esposizione a polveri di proiettili all’uranio impoverito usati dalla NATO nella guerra contro la ex Jugoslavia.

A pagare l’ardire di difendere i propri colleghi da un pericolo ormai evidente, fu un rappresentate COCER EI, Maresciallo, prontamente denunciato al tribunale militare per aver osato scrivere un articolo di stampa (da pagina 64) in cui si chiedeva di fare luce sulla vicenda e guarda caso a distanza di 20 anni viene fuori una verità vera già da allora.

Ma i COCER non sono serviti solo a garantire “l’impunità” dei vertici, ci sono stati casi anche recenti che dimostrano inequivocabilmente che la carica di presidente può essere utile a garantirti una carriera più che fioriera di soddisfazioni.

E’ il caso del Generale Domenico Rossi,già presidente COCER, poi deputato, poi sottosegretario alla Difesa.

Oppure il generale Gerometta Paolo, che “dirigeva, coordinava e controllava le attività della Direzione Generale, che rappresentava nei rapporti esterni con gli organismi centrali, territoriali e periferici della Difesa e con le altre Pubbliche Amministrazioni”, così come recita la sua biografia pubblicata sul sito istituzionale della Difesa. Un Generale che è a capo dei COCER, a capo della Direzione Generale per il personale militare è come dire io sono il problema io la soluzione, io la parte e io la controparte, praticamente un ibrido generato dalla politica da cui ha tratto il beneficio di essere trattenuto in servizio oltre i termini, per continuare a tenere questo equilibrio da funambolo tra il dire e il fare, tra il problema e la soluzione.

Come vogliamo poi interpretare la vicenda del Delegato siciliano dei Carabinieri che pur non presentandosi al COCER ha continutoa a percepire una indennità di missione per decine di migliaia di euro, fino al giorno in cui per causa di una intercettazione telefonica si scopre, che non solo non fa il rappresentante ma addirittura ha contatti con attività delinguenziali.

Nessuno sapeva niente oppure alla fine meglio avere un rappresentante COCER, che fa quello che gli  pare piuttosto di averne uno che mette qualche puntino sulle i? Com’è possibile che nessuno si sia mai accorto delle assenze di un militare in servizio? Che fa il COCER Carabinieri? Si giustifica dicendo che l’Arma non c’entra niente.

Certo che l’Arma non c’entra niente, ci mancherebbe altro, l’Arma è formata da migliaia di Carabinieri che fanno il proprio lavoro, ma il COCER si, c’entra eccome, perchè aveva il dovere di chiedere le motivazioni delle assenze alle riunioni e il comandante del delegato aveva il dovere di verificare se andava o meno a svolgere le funzioni di Delegato nella sede romana partendo da Palermo.

Qualche Delegato quando affronta alcune problematiche, gli commissionano un bel procedimento disciplinare, come quello del Delegato COCER EI sulla questione EXPO 2015 e ironia del caso il sottosegretario alla Difesa con deleghe sulla Rappresentanza Militare, era l’ex Generale Rossi Domenico ex Rappresentante e Presidente del COCER EI.

Quindi un Delegato COCER che si fa i fatti suoi arrivando a non presentarsi nemmeno ai lavori del Consiglio, viene perseguito solo se per caso incappa in situazioni che non sono controllabili dall’interno e diventano opinione pubblica, mentre chi fa il proprio lavoro di rappresentante cercando di tutelare i colleghi, viene denunciato o punito.

E tanto per concludere, certamente non in bellezza, difronte alla punizione dei militari impiegati in strade sicure sulla questione dell’Ambasciata francese, nessuno ha detto una parola e invece lì si sarebbero dovute sollevare le barricate, così come non abbiamo sentito una voce per il suicidio di un’altro militare impiegato in strade sicure  nel bagno della stazione metro Barberini e delle  innumerevoli punizioni comminate a ragazzi ventenni costretti a turni massacranti affardellati di ogni ben di Dio per proteggersi anche dallo scoppio di ordigni militari e invece bastava dare loro la possibilità di avere una tutela legale per difendersi dalla stupidità di alcuni superiori, che altro non hanno da fare che magari consegnare una busta di plastica dove urinare durante il servizio.

E ancora suicidi, quello a Palazzo Grazioli e alla metro Flaminio, una strage, 60 militari solo nel 2019.

I COCER sono utili se sono formati da militari, che hanno dimostrato nel tempo di svolgere il proprio incarico nella stessa predisposizione che dovrebbero avere in quei momenti epici che si vedono nei film; si affronta la responsabilità di essere anche soggetto a ripercussioni o intimidazioni, altrimenti fare il delegato nelle stanze degli hotel o a bivaccare nei Palazzi, non serve a niente.

Ed i COCER purtroppo ci hanno dato questo pessimo esempio, silenti, assenti, compiacenti e spesso incompetenti.

Avere associazioni sindacali anche con limitazioni ma libere di scegliere da che parte stare, è un grande traguardo di civiltà, trasparenza e onestà. Il COCER è volontà della gerarchia tradotta in una pseudo organizzazione para-democratica, condizionata dal grado e dalle modalità di svolgimento dell’intera struttura.

Praticamente inutile a garantire le giuste rivendicazioni dei militari, anche se in mezzo ai tanti, ci sono alcuni che si sono meritati quel ruolo..

Il Segretario Generale SILME
Dott. Giuseppe Pesciaioli

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